Lo sto rileggendo. E lo sto riscoprendo. Rileggere un libro a distanza di anni significa interpretarlo in un modo diverso, alla luce delle esperienze che abbiamo vissuto. Il ricordo più vivido che avevo del romanzo erano i fulmianti aforismi (questa capacità di scardinare/dissacrare i costumi e le convenzioni sociali - mi chiedo se Nietzche abbia mai letto Wilde). Oggi questo atteggiamento dissacratorio spinto mi interessa meno e - a tratti - mi irrita.
Quello che oggi mi colpisce è la finezza di Wilde nel tratteggiare i legami tra dentro (l'anima) e fuori (l'aspetto). Il cambiamento fisico è legato a due elementi, il tempo che trascorre e le esperienze che facciamo. Anche la vita lascia i suoi segni. L'eterna giovinezza (ma forse sarebbe meglio dire "la preservazione del momento in cui la giovinezza ci rende/fa apparire perfetti") è il sogno dell'esperienza infinita che non intacca ciò che ci permette di compierla, il nostro corpo. Ma se il sogno diventasse realtà, la risposta alla domanda, cosa saremmo doventati se avessimo putato invecchiare è... un dipinto stregato (da chi o da che cosa non si sa).
Perché in fondo Gray, della sua anima si preoccupa. Il quadro che sopporta incorpora i cambiamenti del suo corpo lo attrae. Più da un punto di vista estetico che morale, a dire il vero. Gray godo nel confrontare la sua immagine pubblica (il giovane che si riflette nello specchio) con quella sua privata (il vecchio corrotto dal tempo e delle esperienze), Prova ribrezzo per la sua immagine "nascosta". Ma questo ribrezzo è più una sensazione (un brivido) che un reale disgusto verso se stesso. Cogli le differenze...e godi dell'abisso che separa le due immagini.
Wilde è un post moderno ante litteram, un precursore dell'importanza dell'esperienza estetica, del valore dell'aspetto fisico (della bellezza) nella società contemporanea e dell'intelligenza dellìapparire.
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